IL TRANSFEMMINISMO COME STRUTTURA DELLE AZIONI POLITICHE
Transfemminismo
Grazie alla risonanza che i movimenti LGBT+ hanno assunto nella seconda metà del 900, si è cominciato a comprendere che fosse necessario evolvere la mobilitazione per arrivare ad una intersezionalizzazione di tutti i movimenti che lottavano contro le discriminazioni. Si iniziò, così, a parlare di lotta alla parità di genere,superando il concetto binaristico uomo/donna.
Negli anni ‘90 nasce il transfemminismo, non come entità politica omogenea e delineata ma mantenendo all’interno la pluralità dei temi e dei movimenti con, come unico obiettivo, la lotta al sistema eteropatriarcale che vede nell’uomo etero, bianco, cis l’individuo privilegiato e sopraelevato a tutt* l* altr*.
Le barriere economiche e culturali coinvolgono più identità parallelamente, limitando l’autodeterminazione in tutte le sue forme. Un individuo senza una stabilità economica, infatti, è marginalizzato rispetto al resto della società e analogamente un soggetto costantemente discriminato in ogni contesto non è liber*. Si è arrivati, così, a un più moderno concetto di femminismo, dove la genitalità perde di significato, e che abbatte gli stereotipi puntando alla totale inclusività di tutti i soggetti all’interno della società.
Contesto internazionale
Lo sviluppo di atteggiamenti retrogradi e maschilisti sono stati ulteriormente legittimati dal sorgere nel mondo di forti movimenti populisti, caratterizzati da un’obsoleta mentalità patriarcale, portando allo sviluppo di diversi movimenti, che dal locale hanno assunto una portata internazionale. L' obiettivo è creare un’unica rete per cambiare il sistema etero-patriarcale in cui ognun* di noi è costretto a vivere.
La recente uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul è un grave segnale politico che mira, ancora una volta, alla difesa dei “principi” eteropatriarcali in nome dei valori della “vera famiglia”. In piazza centinaia di attivist* hanno manifestato per evidenziare come la decisione di Erdogan non sia l’espressione di una volontà comune ma l’ennesimo atto repressivo da parte del governo turco.
In Polonia, in seguito alla sentenza della Corte Costituzionale che ha vietato l’aborto, numeros* manifestanti hanno protestato per difendere la libertà di autodeterminazione e contestare il forte legame fra la Chiesa e l'attuale apparato di potere polacco.
Contesto nazionale
Questo è un legame, ancora oggi, molto forte anche all’interno del nostro contesto nazionale, in cui continuiamo a veder crescere movimenti Pro Life e antiabortisti.
Vediamo come in Italia il 70% de* ginecologi siano obiettori di coscienza; dato ancora più allarmante nella nostra realtà, in cui sale sino al 90%.
Questa situazione non stupisce affatto data la presa di posizione di tutta la Destra italiana che in questo periodo è quanto mai più vicina all'ideologia eteropatriarcarle e omolesbobitransfobica di cui si è fatta subdola portavoce, continuando a narrare la supremazia della “famiglia tradizionale” che non solo discrimina le altre tipologie di famiglia ma limita il genere femminile subordinandolo completamente al genere maschile.
Questa visione rallenta ancora di più la già difficile accettazione dell’emancipazione femminile e l’inclusione di tutti gli orientamenti sessuali e identità di genere: il nostro paese è ultimo in Europa per l’occupazione femminile a tempo pieno e, secondo l’Ilga Europe 2020, il trentacinquesimo su 49 Paesi europei per quanto riguarda la tutela dei diritti delle persone LGBT+.
A peggiorare la situazione la lingua italiana ha un peso significativo. Al linguaggio, infatti, viene riconosciuto il ruolo fondamentale nella costruzione sociale della realtà e, quindi, anche dell’identità. Nella lingua italiana emerge non solo una profonda discriminazione nel modo di rappresentare la donna, ragion per cui l’Italia è stata multata dall’Unione Europea per linguaggio sessista, ma anche una visione strettamente binaria sottolineata da mancanza di neutralità per descrivere tutte le soggettività.
Tra le criticità emerse durante la pandemia da Covid-19, vi è anche una gravissima contraddizione dettata da una mentalità eteropatriarcale ben radicata nelle istituzioni: in questo periodo in cui è obbligatorio restare a casa per salvaguardare la propria salute, per molt* la casa non rappresenta uno spazio safe ma un luogo di abusi, di molestie, di violenza verbale e fisica e di repressione. L’approvazione del ddl Codice Rosso è l’ennesima dimostrazione di come il nostro Stato punti ad un inasprimento delle pene senza incentivare alcun rimedio alla cultura eteropatriarcale che continuiamo a subire in ogni contesto sociale. Nessuna risorsa per i centri antiviolenza, nessun fondo per il sostegno psicologico delle vittime, nessun investimento fatto per promuovere un’educazione alla sessualità e all'affettività. Il piano economico e culturale della lotta alla violenza sulle donne sono stati completamente surclassati.
L’impossibilità di uscire fuori dalla propria abitazione e l’aumento esponenziale dei mezzi telematici ha portato ad un aumento delle molestie digitali: insistenti avance perpetrate senza il consenso dell* ricevente, episodi di stalking, revenge porn. Questo non è un fenomeno da sottovalutare perché, seppur in forme diverse, produce la stessa pungente sensazione di disagio e di malessere.
Nella prima fase pandemica, in seguito all’utilizzo più frequente dei canali telegram creati per la diffusione, non consensuale, di materiale intimo e non abbiamo assistito e continuiamo ad assistere ad una plateale colpevolizzazione della vittima che ha, in moltissimi casi, conseguenze, inoltre, in ambito istituzionale e lavorativo.
La colpevolizzazione, o victim blaming è violenza nella violenza e, non essendo affrontata correttamente nella nostra società, contribuisce a mantenere lo status quo di divario tra i generi e collabora al permanere del patriarcato come caposaldo della cultura.
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Le violenze digitali sono inoltre esemplificative di un clima di violenza generale diffuso nel nostro Paese tacitamente legittimato da tutti i partiti della Destra italiana che a tale scopo, basano la propria politica sulla disinformazione; esempio emblematico l’opposizione veemente all’approvazione della Proposta di Legge Zan, una legge di civiltà che, arricchendo la Legge Mancino del 1993 (che sanziona tutti gli atti di violenza e discriminazione razziale e religiosa), definisce e condanna tutte le forme di violenze fondate sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità.
Fare ostruzionismo su questa legge, bloccando la democrazia, significa essere contrari alla condanna dei crimini d’odio.
Il ddl Zan rappresenta di certo una novità per lo scenario politico italiano; tuttavia, nell’agenda politica della sinistra italiana sembra mancare la volontà di istituire un percorso reale di parità di genere e di inclusione, che non si riduca a delle mere pratiche di pinkwashing come le quote rosa che a conti fatti non li distinguono in maniera significativa dalle pratiche portate avanti da partiti di ideologie opposte.
È evidente, dunque, la necessità di un piano d’azione che operi a livello privato, familiare, scolastico, etico e politico. Non si può continuare a indignarsi senza protestare per i chiari tentativi di oltraggio alle libertà personali.
Oggi nel nostro Paese sono tante le associazioni e i movimenti che lottano per l’autodeterminazione di tutt*, come Non Una Di Meno. Come Link Lecce, continueremo a partecipare ai momenti nazionali organizzati da questo movimento, mantenendo la nostra identità politica (essendo un movimento estremamente eterogeneo)
Contesto Universitario
La lotta alla discriminazione di genere nell'istituzione universitaria non può prescindere da
un'analisi degli ostacoli che ancora si oppongono alla parità di genere nella carriera
accademica.
È infatti ben nota la classica figura "a forbice" caratteristica dei grafici che
rappresentano la distribuzione di genere nelle varie tappe della carriera universitaria:
secondo più studi compiuti sulle università europee, è possibile trovare una maggiore
presenza femminile tra gli studenti di lauree triennali e soprattutto magistrali, che però viene
compensata da un netto aumento relativo della componente maschile andando a misurare
dottorati, post-doc e ricercatori, arrivando infine a un risultato finale assolutamente
squilibrato per professori di II fascia (tra cui le donne sono sotto il 40%) e I fascia, in cui
addirittura la componente femminile si riduce a poco sopra il 20%.
Questa statistica, che nasce come già anticipato da uno studio su tutte le università
europee, viene ricalcata fin troppo fedelmente andando a vedere i dati di Unisalento: le donne compongono addirittura già il 60% degli studenti triennali e quasi il 70% dei magistrali; in lieve minoranza, invece, andando a considerare PhD e ricercatori, e calano sensibilmente considerando associati e ordinari: tra questi, su 119 solo 21 sono donne, cioè il 17%.
Molestie, abusi e discriminazioni sono all’ordine del giorno anche nel contesto universitario, che non prescinde dalle logiche etero patriarcali che dominano in tutti i contesti sociali che viviamo.
I luoghi della formazione, che dovrebbero farsi portatori di una visione slegata da queste dinamiche, in realtà fondano le proprie radici proprio in esse. Dimostrazione di ciò, è il fatto che l'università, dinanzi a episodi di molestia, cerchi di occultare l'accaduto non garantendo in tal modo un ambiente safe per l* student* e personale tutto. Tutto ciò va a gravare sulla salute psicologica della comunità accademica, non sentendosi in alcun modo tutelat* da un'istituzione che dovrebbe occuparsi della loro salute psicofisica e di contrastare ogni forma di violenza.
Come sindacato studentesco, Link Lecce Coordinamento Universitario, si è da sempre fatto portatore di un’idea di Università libera, inclusiva e in cui ogn* student* possa sentirsi liber* di esprimersi.
Affinchè i nostri spazi siano realmente degli spazi safe per tutte e tutti è necessario intraprendere percorsi di decostruzione personale, individuali e collettivi, tramite cui poter analizzare e comprendere a pieno la matrice comune, riuscendo a slegarsi da quella che è la visione eteropatriarcale ed eteronormata che continuiamo a subire quotidianamente.
Proprio questo ci ha spinti a richiedere una modifica del precedente Regolamento contro le molestie e gli abusi, ottenendo a Giugno 2020 l’approvazione del “Regolamento per il contrasto alle molestie sessuali, al mobbing e alle discriminazioni nei luoghi di lavoro e di studio” con la conseguente introduzione della figura della Consigliera di Fiducia.
Tali strumenti rappresentano, indubbiamente, un passo necessario e importante per iniziare a rendere l’Università un ambiente safe per l’intera comunità accademica. Queste misure, però, non possono essere ritenute sufficienti per poter considerare superati gli abusi di potere e di genere nel mondo accademico, soprattutto perché esso non è slegato dalle dinamiche della società.
La creazione di uno spazio safe per tutt* dovrebbe essere la prerogativa di ogni luogo deputato alla diffusione del sapere: solo all’interno di uno spazio che tutela il benessere psicofisico dell’intera comunitá accademica, ognun* puó sentirsi liber* di esprimersi, senza cadere nel terrore di sentirsi considerat* “divers* laddove non dovesse rispecchiare le aspettative di una societá eteronormata.
Il periodo pandemico rende ancora più necessaria l'attivazione della carriera Alias. Con la didattica a distanza, i nostri dati personali sono resi visibil* a tutt* e questo può comportare ripercussioni psicologiche su chiunque non si identifichi con la propria identità di genere e stia attraversando una fase di transizione.
Nel 2021 riteniamo che il mancato riconoscimento di un diritto come quello del doppio libretto non sia accettabile in quanto segno di un'assenza di volontà politica da parte delle istituzioni accademiche ad una reale tutela dei diritti dei membri della comunitá. Tutela deve basarsi sul riconoscimento dell’esistenza di soggettività diverse rispetto quella eteronormata.
Come Link Lecce, nell’ultimo mandato, abbiamo proposto la realizzazione di Lezioni di Genere all’interno dei singoli corsi di Laurea, affinché questa tematica non sia più vista come qualcosa da affrontare a parte ma che sia parte integrante della nostra didattica.
Proprio questo ha fatto emergere come, in alcuni dipartimenti, ancora oggi, non si abbia una consapevolezza e una formazione adeguata per poter affrontare questi argomenti.
Crediamo che la presa di consapevolezza sulle tematiche transfemministe sia il primo passo verso un cambiamento di rotta che deve necessariamente partire dai luoghi della formazione, essendo quest’ultimi responsabili dell’educazione culturale della società.
De Generi
De Generi nasce con lo scopo di rappresentare un urlo a squarciagola nei confronti delle ingiustizie sociali che ci circondano, abbattendo stereotipi e discriminazioni.
Una campagna che si mobilita contro una società che non riconosce le libertà del soggetto, il quale dovrebbe essere liber* di essere e di amare.
Per far ciò, crediamo sia indispensabile far arrivare direttamente i nostri messaggi alla società tutta, tramite una comunicazione ironica e provocatoria, capace di esorcizzare i dogmi e i tabù imposti dal pensiero eteropatriarcale.
Riteniamo sia fondamentale superare la retorica dello scandalo che, rivolgendosi ai singoli casi come aberrazioni, impedisce un ragionamento collettivo sulla sistematicità dei problemi, smorzando ogni possibilità di superamento.
Con questo fine, nell’Aprile 2020, abbiamo pubblicato il “Manifesto della sessualità libera e consensuale”, con il quale vogliamo rimarcare che i diritti sessuali sono basati su un’intrinseca libertà, dignità e uguaglianza di tutt*.
Il linguaggio sessista, il moralismo intransigente ed i ruoli di genere sono concetti, basati su una visione retrograda ed eteropatriarcale, che necessariamente devono essere scardinati partendo dai luoghi della formazione.