Grazie alle nostre sollecitazioni abbiamo ottenuto la regolamentazione delle prove di accertamento delle competenze linguistiche da parte della commissione Statuto e Regolamenti a partire dall’anno accademico 2022/2023
Abbiamo ottenuto la possibilità di svolgere gli esami online per tutta la comunità studentesca durante l’intero anno accademico e la continuazione dello svolgimento degli esami telematici per student* positiv* e soggett* fragil* anche con la fine dello stato emergenziale
Considerando la didattica asincrona uno strumento certamente utile per la tutela di alcune categorie di student*, ma che non può rivelarsi un’alternativa valida alla didattica in presenza, abbiamo affrontato l’argomento in diverse assemblee pubbliche e portato le nostre posizioni negli organi quali Senato Accademico, Consiglio di Amministrazione e nei consigli didattici di ogni corso di laurea, opponendoci fortemente a modalità di erogazione della didattica sempre meno orizzontali e non basate sul confronto.
Abbiamo raccolto le criticità della comunità studentesca tutta in merito agli esami impossibili da superare e che rallentano la carriera universitaria, segnalando la questione all’Amministrazione e sollecitando affinché venga risolta
Abbiamo chiesto e ottenuto, in Senato Accademico, l’estensione della partecipazione al Bando Tutor 2021 per tutt* l* student* al primo anno fuori corso che abbiano già maturato i 180 cfu
Dopo le nostre richieste in Senato Accademico siamo riusciti ad abbattere l’attesa dei due anni per la consegna delle pergamene di Laurea; per laureat* triennal* a.a. 21/22 esse verranno consegnate entro settembre, per laureat* triennali luglio 2022 il giorno della proclamazione e per laureat* magistrali durante una cerimonia chiamata “Graduation Day”.
Crediamo che l’asincrona debba essere vista come materiale didattico necessario per tutelare particolari categorie come studenti lavoratori, student* genitor* e student* atlet*, ma non deve essere una modalità di didattica alternativa.
Non è raro che un* student* incontri, nella sua carriera universitaria, un esame particolarmente insidioso che comprometta l’andamento regolare del proprio percorso di studi. Riteniamo che debba essere compito degli organi intervenire
affinché non ci siano problemi inerenti allo svolgimento regolare dell’esame.
Per questo proponiamo di istituire una apposita commissione all’interno dei vari consigli didattici.
Permettere all* student* che hanno beneficiato di borsa di studio nell’anno precedente di partecipare al Bando di collaborazione studentesca promosso nell’anno corrente. Allo stesso modo vogliamo che l’Università del Salento si adegui alla linea seguita da altri atenei italiani prevedendo quindi un compenso maggiore di quello attuale, considerato che questo strumento è una delle poche agevolazioni di cui un* student* non borsista può usufruire.
Chiediamo un bonus per fare in modo che la comunità studentesca usufruisca di materiale didattico attraverso Copyleft e Open Access.
Chiediamo che vengano ampliate le convenzioni con la piattaforma MLOL, per permettere a tutti e tutte di poter avere accesso al materiale didattico eliminando il limite mensile di libri prenotabili e permettendo di far prenotare contemporaneamente lo stesso libro da più student*.
Chiediamo l’accesso gratuito a determinati software necessari per agevolare lo studio di determinate materie, soprattutto nei corsi di laurea STEM.
Vogliamo lo svecchiamento dei piani di studio, con un’attenzione particolare ai percorsi di laurea magistrale: vogliamo dei corsi di laurea magistrale specializzanti e non una copia delle triennali, costruiti e rinnovati con l* student*;
Vogliamo che la nostra offerta formativa includa insegnamenti legati alla sensibilizzazione ecologica e che ponga attenziona alle questioni di genere: insegnamenti di genere declinati sui corsi di laurea, insegnamenti contestualizzati rispetto alla transizione ecologica e ai cambiamenti climatici.
Vogliamo formule di didattica innovativa: l* student* vogliono più confronto, più dibattito su casi di studio reali anche attraverso progetti team working, incontri con espert* del settore, seminari e uscite didattiche.
La missione specifica dell’Università, intesa come formazione degli student*, oramai evolve su più fronti interdipendenti: la qualità della didattica, orientamento degli studenti in entrata e in uscita, vantaggi competitivi riconducibili a legami con aziende ed enti locali, internazionalizzazione dei piani di studio, sostenibilità dei programmi in relazione alla congruenza con il mondo del lavoro.
In ottica di qualità della didattica la riflessione non può prescindere dall’analizzare lo sviluppo delle modalità di erogazione che si sono diversificate in termini di metodologie e approcci oltre che di strumenti di cui ci si è dotati nel corso dell’ultimo anno, a causa e in risposta alla pandemia da Covid-19.
L'erogazione della didattica nel periodo pandemico è stata caratterizzata da molteplici criticità, dettate dalla mancanza di strumenti adatti a garantirla a tutti e tutte allo stesso modo. Seppur il nostro ateneo sin da subito abbia attivato la DaD per far fronte all'impossibilità degli studenti e delle studentesse di prendere parte alle attività didattiche in presenza, tropp* student* a causa del digital divide non hanno potuto fruire di tale strumento, anche in assenza di reali ed efficienti tutele che andassero a limare le disparità economiche per l'accesso alla didattica della comunità studentesca tutta. I più colpiti, infatti, sono stati tutti gli appartenenti a fasce di reddito medio-basse, i quali non sempre hanno avuto la possibilità di prendere parte ai, seppur minimi, momenti di socialità e didattici offerti dall'ateneo. La mancanza di dispositivi tecnologici, l'assenza di una connessione a internet stabile, l'impossibilità di reperire il materiale didattico, il non poter usufruire di biblioteche e aule studio sono stati e sono tuttora dei problemi che hanno creato profonde disparità sociali e didattiche nella comunità accademica, portando al limite il divario tra gli student* e allontanandoci sempre di piú dall'idea di didattica partecipativa e orizzontale che ci prefiggiamo di raggiungere.
La logica del sistema universitario in continuo divenire dovrebbe tradursi in riforme strutturali del sistema accademico, ponendo l* student* in condizione di inserirsi efficacemente nel mondo del lavoro, non solo con competenze tecnico-professionali ma anche fornire l'opportunitá di sviluppare il proprio pensiero critico nei vari campi del sapere.
Negli ultimi decenni le modalitá di erogazione della didattica hanno subito numerosi cambiamenti, nello specifico la maggior parte di essi si sono palesati con l'avvento della pandemia per sopperire all'impossibilitá della fruizione in presenza.
Il ruolo dell’università non dovrebbe essere quello di trasferire conoscenze e nozioni puramente teoriche ma dovrebbe avere un ruolo formativo complessivo, che da una parte fornisca gli strumenti necessari all'applicazione delle nozioni, e dall'altra gli strumenti utili all’inserimento nel mondo del lavoro.
Nelle Università italiane non vi è ancora stata un'evoluzione nella percezione del ruolo della didattica, e ció rende difficile far sviluppare le competenze trasversali e generaliste in linea con il mondo del lavoro sempre più flessibile, globale, e in continua evoluzione.
In altri istituti universitari europei proliferano modalità di didattica alternativa in cui il presupposto di partenza è che l’apprendimento avvenga nell’ambito dell’interazione sociale (problem-based learning), per cui diventano fondamentali pratiche quali il Learning by doing, il problem solving, critical thinking, ability to communicate, ossia capacità di risolvere problemi, pensiero critico e capacità di comunicazione nel lavoro di equipe. I neolaureati infatti segnalano da anni che tra le problematiche che complicano l’accesso al mondo del lavoro ci sia una formazione troppo teorica e nozionistica, incapace quindi di far sviluppare le competenze trasversali e generaliste in linea con un mondo del lavoro.
Il contesto attuale, caratterizzato dai ritmi della pandemia, ha determinato l'annullamento di ogni forma di cambiamento instaurando una didattica in cui gli studenti e studentesse si fermano ad apprendere nozioni teoriche, senza competenza pratica e perdendo quasi completamente ogni forma di contatto con i e le docenti.
Alla luce di tali considerazioni risulta chiaro come il contesto pandemico abbia ulteriormente aggravato queste mancanze, impedendo persino la fruizione delle attivitá pratiche giá presenti nei nostri ordinamenti didattici.
In risposta alla pandemia da Covid-19, la didattica tradizionale si è inevitabilmente adattata alla teledidattica prevedendo lo svolgimento i lezioni ed esami a distanza. Considerato ciò, è lecito chiedersi se, in un contesto post-pandemico, si ritornerà a seguire le metodologie tradizionali, o subentrerà una nuova concezione di “didattica digitalmente ampliata”. Sicuramente, sarebbe utile sfruttare gli strumenti tecnologici ottenuti fin ora, ma nell'ottica di integrazione alla didattica, non trascurando uno degli aspetti fondamentali che ci dobbiamo impegnare a tutelare ora piú che mai: l'interattività
A livello nazionale si cerca già dal 2016 di integrare modalitá di didattica alternativa e digitalizzata. La deriva preoccupante che, anche a causa dell'abuso obbligato della DaD in contesto pandemico, è tornata prepotentemente nel dibattito, ha visto nascere movimenti di sostegno alla telematicità che, se da un lato risultano una forma di tutela per categorie di student* impossibilitati alla tradizionale fruizione, dall'altro apre le porte all'abbattimento dell'obiettivo di didattica partecipata e orizzontale, soprattutto con l'introduzione nelle Università tradizionali della didattica asincrona. Se finora il limite imposto per l'erogazione telematica in differita é stato fissato al 10% nelle universitá non telematiche, l'intenzione nazionale vede un aumento di questa percentuale al 30%, a discapito della didattica in presenza.
Essa prevede l'erogazione di uno o più insegnamenti registrati in differita dal/la docente e semplicemente reso pubblico agl* student*.
Questo però, è l’esatto esempio di come, tentando di sfruttare le nuove tecnologie, si stravolge il concetto di interattività tra studente e docente, per non parlare delle fasce di studenti che non sarebbero comunque tutelati qualora dovessero avere dei problemi a procurarsi device tecnologici efficienti.
I cambiamenti che abbiamo vissuto in pandemia certamente possono rappresentare un’occasione per trovare nuove vie che preservino il rientro in presenza, ma che includano tutte le categorie di studenti. Si può pensare a come la creazione di piattaforme online possa servire a mettersi in contatto con i docenti, a seconda della loro disponibilità, per avere un costante supporto attraverso ricevimenti telematici. Si possono così tutelare student* lavoratori o genitori, fornendo loro servizi di teledidattica, senza escludere quella in presenza. Si può sempre approfittare delle piattaforme sopra indicate per fornire video di approfondimenti e potenziamenti, in aggiunta alle normali lezioni, oppure tutorial digitali su strumentazioni di laboratorio per guidare lo studente durante le esperienze svolte in presenza nei laboratori, oltre al costante supporto del docente. Si possono utilizzare strumentazioni tecnologiche in supporto alla tradizionale lavagna, per proiettare slides illustrative o video.
Ci sono dunque diverse soluzioni che possano integrare la digitalizzazione alla didattica tradizionale, che non prevedano però modalità non interattive. É importante ricordare che l’empatia, la fisicità, l’espressività e soprattutto l’interazione tra docenti e student* e tra gl* student* stessi, sono gli aspetti principali che formano le nuove menti. Perché bisogna ricordare che la nostra non è un’università telematica, quindi spazio al progresso, ma preservando i princìpi alla base, senza stravolgerli.
Uno degli aspetti che influenza maggiormente il cambiamento della struttura didattica è l’evoluzione del mondo del lavoro che affronta cambiamenti progressivi giorno dopo giorno. Innanzitutto, l’avanzata tecnologica sta trasformando il modo di fare impresa e di organizzare i processi produttivi, come appare evidente dall’ascesa delle piattaforme digitali.
Grazie all’impiego di queste, si stanno creando aziende globali che si avvalgono di processi produttivi diversi dai tradizionali.
Ciò comporta anche il rimodellamento delle competenze richieste dal mondo del lavoro, con l’aumento della richiesta di competenze cognitive avanzate, capacità socio-comportamentali e combinazioni di competenze associate a una maggiore versatilità.
Il mercato del lavoro odierno è iper-competitivo. Non basta più essere in possesso di una laurea o di conoscenze tecniche specifiche, che rientrano nelle hard skills, cioè tutte quelle competenze tecniche specifiche che dipendono dal percorso di studi scelto e dalle esperienze lavorative e formative pregresse. Si possono facilmente misurare, quantificare e dimostrare attraverso certificazioni e attestati, tali skills riguardano quel set di competenze professionali fondamentali per saper svolgere uno specifico ruolo.
La continua evoluzione neoliberista del mondo lavorativo chiede sempre di più competenze trasversali che riguardano le capacità comportamentali e relazionali, le cosiddette soft skills. Queste non sono correlate a una sola posizione lavorativa, ma sono trasversali proprio perché rappresentano competenze richieste in più settori diversi tra loro. Sono doti fondamentali, che condizionano il modo in cui si affrontano le richieste e le sfide dell’ambiente lavorativo, per questo risultano così determinanti e differenzianti in una scelta di candidatura.
Oramai le doti di public speaking e le capacità organizzative e gestionali sono requisiti fondamentali, a pari passo con le conoscenze teoriche.
I cambiamenti nel mondo del lavoro, si devono rispecchiare in parte in cambiamenti nella struttura della didattica ma senza consentire la deriva dell'assoggettamento della stessa al neoliberismo diffuso.
Al fine di evitare di sfornare laureati troppo qualificati rispetto alle esigenze del mondo produttivo, sono stati ripensati i percorsi formativi in base agli sbocchi sul mercato del lavoro. Questo, unito all'imposizione di alleggerimento del peso didattico mediante il sistema dei CFU, che pretende di quantizzare in maniera univoca e oggettiva l'impegno di uno studente nella preparazione, ha contribuito a un generale abbassamento della qualità della didattica. Se a ciò aggiungiamo anche il concetto di "concorrenza" imposto alle università italiane e le continue pressioni sulla Ricerca, sui docenti e sugli studenti, per aumentarne la "produttività", ecco profilato (in estrema sintesi) il modello dell'Università-azienda. Anche la valutazione, sia esterna sia interna agli atenei, si configura in base all'aderenza alle esigenze delle imprese, a come l'Università riesce a "vendersi meglio" sul mercato, o su altri punti di forza che nulla hanno a che vedere con la didattica.
Dal 2013 (ANVUR) le Università italiane hanno l'obbligo di somministrare periodicamente questionari sul gradimento degli insegnamenti del proprio corso di studi, con l’obiettivo di far emergere le maggiori criticità e carenze delle attività didattiche implicite nelle opinioni degli studenti. L’apertura di una finestra di dialogo con i diretti fruitori del servizio universitario ha evidenziato la grande utilità del confronto avviato, che si configura a tutti gli effetti come uno strumento per verificare in itinere prestazioni delle attività formative erogate e risultati, in termini di customer satisfaction, ovvero livello di soddisfazione degli intervistati. Perché allora non estendere questa buona pratica di consultazione oltre l’ordinaria supervisione dell’offerta formativa? Perché non cogliere lo stimolo ad attivare un modello il più partecipativo possibile anche per la revisione dei piani di studio preesistenti o per l’approvazione dei nuovi corsi di studio, in cui docenti e studenti si sentano coinvolti nello stesso dibattito, ma con ruoli differenti riguardo la responsabilità della didattica di cui si fanno carico? Diversi sistemi Universitari Europei (Olanda, Francia) hanno già sperimentato un approccio simile, che potremmo categorizzare come bottom-up, per sfruttare l’enorme informazione contenuta nei suggerimenti di studenti e studentesse non solo per attività di monitoraggio dell’offerta formativa ma anche per il forte potere segnaletico, di indirizzo e orientamento che il corpo studentesco è in grado di dare rispetto all’adeguamento dei contenuti per nuovi curriculum da offrire sul territorio. Riteniamo dunque che l’elaborazione di future proposte di variazione in senso lato della nostra offerta formativa d’Ateneo debba essere il frutto di un’interazione tra più soggetti, portatori di interessi diversi ma che condividano le stesse aspettative in termini di qualità e spendibilità dell’offerta formativa.
In un contesto di definanziamento generale della formazione, viene meno la tutela di categorie piú fragili, ad esempio gl* student* con DSA. Non sono poche le criticità che vanno ad affrontare durante il proprio percorso universitario gli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento. Per accedere ai servizi forniti, anche ai fini delle prove di ammissione ai corsi di studio, essi devono presentare la diagnosi clinica di DSA, nella quale, di norma, vanno ad essere elencati ed esplicitati in modo chiaro gli strumenti compensativi e le misure dispensative previste per l* student*. Gli strumenti compensativi concessi durante i test di ammissione sono diversi rispetto a quelli normalmente concessi durante l’anno accademico. È possibile solo richiedere tempo aggiuntivo e utilizzare calcolatrice non scientifica. Ma durante l’anno? L'Università dovrebbe agevolare il percorso degli studenti con DSA tramite l’erogazione di determinati servizi che, di fatto, risultano per la maggior parte essenzialmente assenti. Per quanto attiene agli strumenti compensativi risulta necessaria la presenza di testi in formato digitale e di un tutor con funzione di lettore (nel caso in cui non sia possibile fornire materiali d’esame in formato digitale), che si occupa anche, in molti casi, di affiancare l* student* durante gli esami, spiegando le parti più complesse e le strategie di studio.
A questo dovranno aggiungersi materiali didattici in formati accessibili (presentazioni, dispense), forniti se necessario in anticipo sulle lezioni. Obiettivo primario quindi è quello di facilitare la fase di studio e di esame, in modo da appianare le numerose difficoltà che quest* student* spesso si ritrovano ad affrontare.
Per quanto concerne invece le misure dispensative, è possibile considerare la possibilità di suddividere la materia d’esame in più prove parziali, così come privilegiare verifiche orali piuttosto che scritte, tenendo conto anche del profilo individuale di abilità. Eventualmente, laddove l’esame scritto venga ritenuto indispensabile, è importante verificare se il formato scelto (ad es. test a scelta multipla), rappresenti un ostacolo e se possa essere sostituito da altre forme di valutazione scritta.
Tutto ciò non per portare ad una riduzione qualitativa della prova stessa, ma al solo fine di agevolare l* student* con DSA nelle diverse fasi del proprio percorso accademico, che già si vede emarginat* dal contesto tutto e priv* delle stesse tutele che gli/le spettano.